Morte di Sarpedone

Morte di Sarpedone
Eufronio, Cratere a calice, VI a.C. - Morte di Sarpedone

venerdì 11 novembre 2016

Orfeo vs. Aristeo in Georg. IV: schema molto schematico


Generi di riferi-
mento
Valori
Condi-
zione
mentale
Rapporto
con
il divino
Espres-
sione
Luoghi
Sequenze
Tentata identifi-
cazione
Orfeo
poesia d’amore
amore
dementia
trasgres-
sione dei patti con la divinità
 parola affasci-
nante

lamento in solitudine
spazi “selvaggi”
rinascita
     |
     V
  morte
Gallo
Aristeo
poesia didascalica
lavoro
attenzione
osservanza del rituale prescritto
colloquio istruttivo
campagna
  morte
     |
     V
rinascita
Virgilio

martedì 8 novembre 2016

Materiali per Hammurabi

Il testo completo, in traduzione, del  codice di Hammurabi per la vostra ricerca, e le note sulla  responsabilità personale viste stamattina.

lunedì 7 novembre 2016

Cicerone presenta i suoi lavori filosofici

In questi passi del De divinatione
Cicerone stesso parla della sua opera filosofica.
Il testo è tratto da G. B. Conte-E. Pianezzola,
Storia e testi della letteratura latina, vol. 2, Le Monnier 1999.

giovedì 3 novembre 2016

Virgilio, Georg. IV, 453-527  
verbum de verbo e lettura
A. Rodin, Orphée et Eurydice (1893)
Metropolitan Museum of Art, New York














Non te nullius exercent numinis irae;                                                   lettura 453-466                            Di qualche dio ti perseguitano le ire

magna luis commissa: tibi has miserabilis Orpheus 
grandi colpe tu sconti; contro di te Orfeo disgraziato

haudquaquam ob meritum poenas, ni fata resistant,                                   455
in nessun modo meritatamente, queste pene, se i fati non si oppongono,

suscitat et rapta graviter pro coniuge saevit. 
suscita e aspramente per la sposa rapita infuria.

Illa quidem, dum te fugeret per flumina praeceps,
Quella, mentre ti fuggiva lungo il fiume a precipizio

immanem ante pedes hydrum moritura puella 
uno spaventoso davanti ai piedi serpente, fanciulla destinata a morire,

servantem ripas alta non vidit in herba. 
appostato sulla riva non vide tra l’erba alta.

At chorus aequalis Dryadum clamore supremos                                            460
Allora la schiera coetanea delle Driadi di grida le cime

implerunt montes; flerunt Rhodopeiae arces 
riempirono dei monti, piansero le Rodopee vette

altaque Pangaea et Rhesi mavortia tellus 
e l’alto Pangeo e di Reso la marzia terra

atque Getae atque Hebrus et Actias Orithyia. 
e i Geti e l’Ebro e l’attica Orizia.

Ipse cava solans aegrum testudine amorem 
Egli cercando di consolare con la cava testuggine l’afflitto amore

te, dulcis coniunx, te solo in litore secum,                                                      465
te, dolce sposa, te sulla riva solitaria con se stesso,

te veniente die, te decedente canebat.
te all’arrivo del giorno, te al suo allontanarsi cantava.

Taenarias etiam fauces, alta ostia Ditis,                                 lettura 467-480 
Persino nelle gole Tenarie, profonde porte di Dite,

et caligantem nigra formidine lucum 
e nell’incupito di nera paura bosco

ingressus manesque adiit regemque tremendum
entrò e ai Mani arrivò e al sovrano terribile

 nesciaque humanis precibus mansuescere corda.                                        470 
e ai cuori incapaci alle umane preghiere di intenerirsi.

At cantu commotae Erebi de sedibus imis 
Ma dal canto colpite dalle sedi più profonde dell’Erebo

umbrae ibant tenues simulacraque luce carentum, 
le ombre venivano leggere e le parvenze di coloro che hanno perso la luce

 quam multa in foliis avium se milia condunt 
quante tra le foglie di uccelli migliaia si nascondono

vesper ubi aut hibernus agit de montibus imber, 
quando la sera o d’inverno le caccia dai monti la pioggia,

 matres atque viri defunctaque corpora vita                                                  475
madri e uomini e i corpi privi di vita

magnanimum heroum, pueri innuptaeque puellae, 
di magnanimi eroi, fanciulli e fanciulle non ancora spose,

impositique rogis iuvenes ante ora parentum,
e giovani posti sui roghi sotto gli occhi dei genitori

quos circum limus niger et deformis harundo 
ed essi intorno il fango nero e lo squallido canneto

Cocyti tardaque palus inamabilis unda 
del Cocito e la palude odiosa con la lenta onda

alligat et noviens Styx interfusa coercet.                                                       480
recinge e per nove volte lo Stige, frapposto, li trattiene. 

Quin ipsae stupuere domus atque intima Leti                             lettura 481-493
Persino le case della Morte rimasero affascinate e il profondissimo

tartara caeruleosque implexae crinibus angues 
Tartaro e, circondate nei capelli di cerulei serpenti,

Eumenides, tenuitque inhians tria Cerberus ora
le Eumenidi, e tenne restando a bocca spalancata le sue tre fauci Cerbero

atque Ixionii vento rota constitit orbis. 
e la ruota del giro issioneo si fermò con il vento.

Iamque pedem referens casus evaserat omnes;                                            485
E ormai il piede volgendo indietro i rischi aveva superato tutti,

redditaque Eurydice superas veniebat ad auras, 
e, restituita, Euridice andava verso l’aria che spira in alto

pone sequens, namque hanc dederat Proserpina legem,
alle spalle seguendolo, e infatti questa condizione aveva imposto Poserpina,

cum subita incautum dementia cepit amantem,
quando un’improvvisa follia  colse l’innamorato imprudente,

ignoscenda quidem, scirent si ignoscere manes. 
da perdonarsi certo, se i Mani sapessero perdonare.

Restitit Eurydicenque suam iam luce sub ipsa                                     490
Si arrestò e la sua Euridice ormai presso la luce

immemor heu! victusque animi respexit. Ibi omnis
dimentico, ahimè, e vinto nell’animo, si voltò a guardare. Allora tutta 

effusus labor atque immitis rupta tyranni 
sprecata fu la fatica e infranti dello spietato signore

foedera, terque fragor stagnis auditus Avernis. 
i patti, e per tre volte un fragore si udì sugli stagni Averni.

 Illa, Quis et me, inquit, miseram et te perdidit, Orpheu,                             lettura 494-506
E lei “Chi me stessa, disse, infelice e te ha perduto, Orfeo,

quis tantus furor? En iterum crudelia retro                                         495
quale pazzia così grande? Ecco, una seconda volta indietro il crudele

Fata vocant, conditque natantia lumina somnus. 
Destino mi chiama, e chiude gli smarriti occhi il sonno.

Iamque vale: feror ingenti circumdata nocte 
E ora addio: sono trascinata avvolta da un’immensa notte

invalidasque tibi tendens, heu non tua, palmas!
e tendo a te, ahimé non più tua, le mani senza forza!

Dixit et ex oculis subito, ceu fumus in auras
Disse, e dalla vista immediatamente, come fumo in soffi di vento

commixtus tenues, fugit diversa, neque illum,                                               500
lievi disperso, fuggì dall’altra parte, né lui

prensantem nequiquam umbras et multa volentem 
che cercava di afferrare invano l’ombra e molte cose voleva

dicere, praeterea vidit, nec portitor Orci 
dire, più vide, né il trasportatore dell’Orco

amplius obiectam passus transire paludem. 
più lasciò che attraversasse la contrapposta palude.

Quid faceret? Quo se rapta bis coniuge ferret? 
Che cosa fare? Dove andare, due volte privato della sposa?

 Quo fletu Manis, quae numina voce moveret?                                             505
Con quale pianto commuovere i Mani, quali numi commuovere con la sua voce?

Illa quidem Stygia nabat iam frigida cumba.
Lei certo navigava ormai fredda sulla barca stigia.

Septem illum totos perhibent ex ordine menses                                           lettura 507-515 
E lui per sette interi mesi, raccontano, uno dopo l’altro

rupe sub aëria deserti ad Strymonis undam 
sotto una rupe altissima davanti all’onda dello Strimone deserto

flesse sibi et gelidis haec evolvisse sub astris 
che pianse con se stesso e sotto gelide stelle narrò questa storia

mulcentem tigres et agentem carmine quercus; 
incantando le tigri e facendo muovere col canto le querce;
                                    510
qualis populea maerens philomela sub umbra 
come sofferente l’usignolo all’ombra di un pioppo

amissos queritur fetus, quos durus arator 
lamenta i perduti piccoli, che il crudele aratore

observans nido implumes detraxit; at illa 
spiando dal nido implumi ha portato via; e lui

flet noctem ramoque sedens miserabile carmen 
piange la notte e sul ramo posato il miserevole carme

integrat et maestis late loca questibus implet. 
ripete e di afflitti lamenti per ampi tratto i luoghi riempie
.                                     515
Nulla Venus, non ulli animum flexere hymenaei.                                           lettura 516-527
Nessun amore, nessuna unione piegò il suo animo.

Solus Hyperboreas glacies Tanaimque nivalem 
Solo gli iperborei ghiacci e il Tanai freddo come neve

arvaque Rhipaeis numquam viduata pruinis 
e le lande mai prive delle brine rifée

lustrabat raptam Eurydicen atque inrita Ditis 
percorreva, la rapita Euridice e i vani di Dite

dona querens; spretae Ciconum quo munere matres                                               520
doni lamentando; disprezzate per questa fedeltà le donne dei Ciconi

inter sacra deum nocturnique orgia Bacchi 
durante i riti degli dèi e le feste del notturno Bacco

discerptum latos iuvenem sparsere per agros. 
sbranato il giovane lo dispersero per l’ampia campagna.

Tum quoque marmorea caput a cervice revulsum 
Anche allora il capo strappato dal collo marmoreo

gurgite cum medio portans Oeagrius Hebrus 
mentre in mezzo al gorgo trascinandolo l’eagrio Ebro

volveret, Eurydicen vox ipsa et frigida lingua                                                 525
rotolava, Euridice la voce da sola e la lingua gelida

ah miseram Eurydicen! anima fugiente vocabat: 
ah, misera Euridice! mentre la vita sfuggiva, invocava:

Eurydicen toto referebant flumine ripae. 

Euridice lungo tutta la corrente ripetevano le rive.